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LA MOTIVAZIONE

Secondo Westen (1992) “la motivazione è la ‘forza motrice’ che porta un individuo a comportarsi in un certo modo.

Ogni motivazione ha due componenti: la direzione (o l’obiettivo, la meta) e l’intensità.

Le motivazioni si dividono in bisogni biologici e bisogni psicosociali (ad esempio, il bisogno di dominio, di potere, di riuscita e di relazioni profonde con altre persone), ma la natura e la cultura contribuiscono ad entrambe”.

La motivazione è quindi un fatto soggettivo che ha luogo all’interno della persona e che può tradursi in comportamenti, atteggiamenti, intenzioni, credenze e obiettivi.

È quindi la motivazione semplicemente la ragione (consapevole o no) che conduce a compiere un’azione o comunque a predisporsi verso la stessa? Questa domanda introduce la distinzione fra comportamento motivato e comportamento passivo.

Il primo discende da una scelta, una consapevolezza, un desiderio di raggiungere specifici obiettivi. Il secondo si manifesta per effetto di una percepita costrizione.

Questa distinzione risulta più chiara considerando la teoria dell’autodeterminazione proposta da Ryan e Deci [2000] secondo la quale vi è un continuum nel processo motivazionale da “assenza di motivazione”, fino a un pieno livello di “motivazione intrinseca”.

Al primo polo vi è una spinta del tipo “devo”, al secondo una motivazione etichettabile con “voglio”.

Una motivazione sorretta dal “devo” e dalla percezione che ciò che si sta facendo non ha significato per sé è più sofferta, cioè accompagnata da stati emotivi negativi, e meno duratura.

Diversamente, una motivazione sorretta dal “voglio” si accompagna a stati emotivi positivi e a maggiore persistenza nel tempo.

La motivazione è una spinta o un’attrazione? Secondo Rheinberg [2002] vi sono due tipi di approcci.

Il primo favorisce il concetto di spinta: cioè le persone sono “oggetto” delle proprie motivazioni e “portate” ad agire per soddisfare i bisogni o pulsioni che premono.

Il secondo vede la motivazione come un’attrazione: le persone sono “soggetti” che scelgono in base a degli obiettivi, stati futuri o valori che spesso costituiscono parte del nucleo di sé.

Avere il controllo sulle proprie motivazioni significa poterle utilizzare come strumenti che aiutano e sostengono altre facoltà.


LA CLASSIFICAZIONE DELLE MOTIVAZIONI

Una fondamentale nota di distinzione si basa sull’origine, contrapponendo la motivazione intrinseca a quella estrinseca.

Alcune nostre azioni sono motivate al raggiungimento di un obiettivo esterno, come quando facciamo qualcosa per essere premiati.

Altre volte l’obiettivo di una nostra azione è il piacere che ci dà la sua realizzazione stessa, come se, ad esempio, studiassimo medicina perché ci piace, perché ci interessa, senza pensare a premi, voti o ad altre ricompense.

È subito chiaro che il nostro investimento di risorse personali in questo secondo caso è molto più grande.

La motivazione intrinseca nasce all’interno della persona e riguarda tanto disposizioni del profondo quanto aspetti più consapevoli quali gli obiettivi, i valori e l’interesse.

La motivazione estrinseca ha origine dall’ambiente che “preme” affinché la persona agisca in una certa direzione e si concretizza soprattutto tramite l’approvazione da parte di altri.

Una seconda possibile classificazione delle motivazioni riguarda lo scopo.

Ciò per cui siete motivati è l’obiettivo che quella attività vi consente di conseguire.

Vi sono quindi motivazioni per le quali lo scopo è nell’attività (svolta per il piacere che se ne trae) e altre per le quali è nell’obiettivo, che è altro dall’attività, percepita come mezzo per ottenere ciò verso cui si è davvero motivati.

La centratura sullo scopo consente di introdurre il concetto di strumentalità [Peak 1955].

Questa è un’aspettativa che esprime quanto un evento X (per esempio fare sport) consente di soddisfare (o impedisce) un altro evento Y (per esempio tenersi in forma, vincere una gara, non essere sconfitti).

È evidente dagli esempi che anche se il comportamento manifesto e l’apparente motivazione principale è l’allenamento sportivo, la motivazione, ovvero ciò che ci incentiva, è l’obiettivo: ovvero lo scopo che l’attività sportiva ci consente di conseguire (la vittoria).

Oltre allo scopo è possibile distinguere motivazioni primarie e motivazioni secondarie.

Le prime sono quelle a base biologica, innata, e corrispondono ai bisogni la cui soddisfazione assicura la sopravvivenza, hanno la funzione di mantenere in equilibrio omeostatico il nostro organismo, inoltre fanno parte del nostro patrimonio biologico e sono universali.

Le seconde invece sono apprese, e in esse spesso è particolarmente rilevante il contesto sociale, sono connesse ai bisogni fondamentali solo attraverso processi di apprendimento, che avvengono in generale in contesti sociali, inoltre sono facilmente identificabili nella nostra cultura nella motivazione alla riuscita, all’affiliazione e alla motivazione al potere.

In alcuni casi le persone non riescono ad andare oltre nello spiegare i “motivi ultimi”.

Vi è infatti una componente motivazionale assolutamente esplicita e accessibile, contrapposta a un’altra che riguarda i “motivi impliciti” decisamente meno accessibili.

Il primo livello, quello implicito, è inconscio, non controllabile.

Il secondo, quello esplicito, è controllabile, accessibile alla coscienza, strutturato all’interno di un sistema di credenze e pensieri resistente alla dissonanza cognitiva.

Espressioni del tipo “non so perché stia facendo questa cosa” potrebbero significare che il motivo che mi spinge è implicito, perciò non accessibile alla coerenza cognitiva.


LA MOTIVAZIONE AL SUCCESSO

Ottenere una vittoria, raggiungere il successo, vuol dire cogliere gli obiettivi dell’azione intrapresa.

Qualunque sia la meta raggiunta, tale risultato incide positivamente sul comportamento futuro, sulla motivazione e sulla personalità.

Il successo non va inteso in senso assoluto, come portatore di fama universale, ma va riferito alla piena realizzazione delle proprie potenzialità in quello specifico evento: per un’atleta professionista è un successo vincere un campionato.

Le persone con una forte motivazione al successo fanno poco conto sulla fortuna e molto conto sui propri mezzi.

Conoscono bene le proprie potenzialità, sanno dove possono arrivare; seguono il proprio istinto facendosi guidare dalla loro vera natura; si comportano con umiltà e condividono con altri le proprie esperienze; sono aperte a punti di vista diversi, che possono offrire nuovi spunti; non hanno fretta di raggiungere il traguardo finale e vivono i traguardi intermedi come importanti metri di avvicinamento.


Posted by: Dott. Greta Bianchi

BIBLIOGRAFIA:

-Nascimbene, Flavio (2011), “Guida alla Psicologia dello Sport”, Libreria dello Sport,

Milano;

-Angelica Moè (2010), “La motivazione”, editrice il Mulino, Bologna;

-Giuseppe Vercelli (2006), “Vincere con la mente”,Ponte alle grazie srl – Milano.